Plastica

Vivo nel centro di Bologna. Precisamente in via Piella al numero quattordici. Viviamo sotto lo stesso tetto in sei e di spazzatura ne produciamo troppa. Sono almeno due sacchi al giorno se non ci impegnassimo a riciclare la carta ed il cartone che risultano essere molto ingombranti oltre al vetro che qui non manca mai (…)

Vicino a casa ho due campane verdi per il vetro. Il nome è appropriatissimo. Le bottiglie Fanno un casino tale quando vengono gettate che si sentono i rumori perfino in camera da letto attraversando i vetri doppi delle finestre. Il cartone non fa rumore se gettato. Accatastato in grandi quantità all’angolo opposto della strada viene portato via dagli uomini hera regolarmente una volta a settimana. Due contenitori blu zeppi danno un tocco colorato alla strada sfumata dalla nebbia invernale.

Sei persone che consumano due pasti o tre al giorno, producono molta immondizia. Va detto che il termine immondizia è usato in maniera dispregiativa. Esiste infatti un termine più appropriato. Rifiuto. E qui nasce il problema. Ciò che oggi consideriamo rifiuto, scarto, inteso quindi come oggetto non utile da gettare via, può trasformarsi in materia da riciclare. Materiale da riutilizzare per creare il nuovo. E gli usi che se ne possono fare sono infiniti.

Sembra strano, ma elementi come la plastica in centro non trovano il loro utile contenitore. Sono quei grossi mostri gialli dalla grande bocca che vedo solamente uscendo in periferia, andando fuori lungo i viali che circondano la città. Puntini gialli come teste di lego spuntano osservando la città  dall’alto e mi chiedo come sia possibile non averli anche nelle vie centrali. L’unico rimedio a questa spiacevole situazione è il partire a turno, una volta ogni due settimane, carichi come degli sherpa tibetani, viaggiando in cordata verso il primo contenitore a “portata di mano”.

La plastica che avvolge ormai tutti i nostri beni è l’elemento che oggi viene utilizzato maggiormente. Ricopre ogni cosa che acquistiamo e consumiamo. Anche il cibo che mangiamo è avvolto da plastiche di ogni genere. Coloratissime invogliano il consumatore sprovveduto all’acquisto. Il packaging è il nuovo eroe che conquista il mercato. Cervelloni e guru del marketing si apprestano a realizzare scatole dalle forme incredibili, appariscenti che come Swarowski, illuminano i nostri occhi nei supermercati spingendoci all’acquisto.

Scarpe di plastica, sacchi di plastica, facce di plastica.

Follow me.

I sacchi che qui chiamano “sporte” sono ovunque. Nelle giornate ventose fluttuano nell’aria come foglie infilandosi in ogni dove. Nei parchi se ne vedono persino sugli alberi. Infilzati da qualche ramo puntuto, possono rimanere lì per anni. Lungo i bordi dei fiumi e nelle discariche possono passare anche duecento anni prima della loro decomposizione.

Gli italiani – precisa la Coldiretti – sono tra i massimi utilizzatori in Europa di shoppers in plastica con un consumo medio annuale di 300 sacchetti a testa. In Italia arriva un quarto dei 100 miliardi di pezzi consumati in Europa dove vengono importati per la maggioranza da paesi asiatici come la Cina, Thailandia e Malesia. Il 28% di questi sacchetti diventa rifiuto e va ad inquinare l’ambiente.

Seguendo la “teoria del caos” sappiamo che il minimo battito d’ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo. Detto ciò leggiamo che nell’Oceano Pacifico si è formato un continente di spazzatura galleggiante, scoperto casualmente nel 1997, formato quasi per intero da plastiche, che ricopre la superficie d’acqua per la grandezza degli Stati Uniti

Esiste una questione culturale che qui entra in gioco e muove le carte. Il sentirsi parte attiva di un territorio è il valore a cui appellarsi. Io da buon cittadino, Italiano o meno non conta, mi sento in dovere di rispettare l’ambiente in cui vivo, non solo non gettando le cartacce a terra o riciclando ma consumando in maniera consapevole. Fai la spesa? Portati da casa un sacchetto che potrai riutilizzare più volte, contribuendo così alla diminuzione dello spreco di centinaia di buste plastificate.

Trasformiamoci insieme assumendo un ruolo più attivo nel processo che coinvolge le fasi di creazione, produzione, distribuzione e consumo dei beni. Oggi, libera il prosumers che cè in te.

 

alessandromala

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: